MA PERCHÉ I TEDESCHI DETESTANO COSÌ TANTO I GRECI?
LA RISPOSTA IN UNA RECENTE SCOPERTA LETTERARIA

(Dal nostro inviato M.R.). Negli ultimi tempi ci chiediamo tutti perché mai i tedeschi ce l’abbiano tanto con i greci. Sembra proprio un odio atavico, peggiore di quello dei sunniti per gli sciiti, degli hutu per i tutsi, del pd per la scuola pubblica...
La risposta la fornisce una recente scoperta letteraria.
Qualcuno ricorderà l’undicesimo canto dell’Odissea, quando a Ulisse viene predetto che, prima di poter trascorrere una tranquilla vecchiaia, dovrà compiere un ultimo viaggio presso una popolazione che non conosca il remo e il sale.
Come molti dei poeti più fortunati, Omero era attento a purgare le storie dagli aspetti scabrosi. Ad esempio, non dice che Achille e Patroclo erano omosessuali, anche se lo lascia capire.
Nel caso dell’ultimo viaggio di Ulisse, il grande vate ha pensato bene di sostituire il remo e il sale, così pieni di elementi simbolici cari ai critici letterari, ai due più prosaici articoli che la sua fonte autoptica menzionava. Sappiamo infatti che Omero non inventò l’Iliade e l’Odissea di sana pianta, ma dette coerenza a canti e racconti che da tempo circolavano.
Per una felice coincidenza, è apparso in questi giorni un testo che chiarisce quali fossero i due articoli originari che Ulisse doveva «non-trovare». La scoperta deriva dalla lettura del codice di Koschenbroda, un fondamentale testo altotedesco rimasto sinora celato nella biblioteca della ridente cittadina sassone.
Lasciamo la parola al professor Kartoffelnfresser, dell’università del Sauerkraut, autore della trascrizione: «Il codice di Koschenbroda, che per evidenti motivi linguistici appare come la traduzione altotedesca di un testo preomerico, narra che Ulisse partì dalla Grecia con l’intento di individuare una popolazione culturalmente tanto arretrata da ignorare l’esistenza di due prodotti fondamentali della vita quotidiana, che non erano però il remo e il sale, come tramanda Omero, bensì la carta vetrata e la carta igienica. Dopo lunghe peripezie, che lo portarono a visitare senza successo i Balcani, l’Italia, la futura Gallia e la penisola iberica, paesi nei quali i due prodotti erano ben noti sin dall’età del rame [ne aveva fra gli altri una scorta l’uomo del Similàun, n.d.r.], l’eroe decise di fare ritorno passando per il Nord. Fu così che, riattraversata l’odierna Francia, si trovò a un certo punto a varcare il Reno».
«Non appena ciò fatto» prosegue Kartoffelnfresser, «l’eroe di Itaca capì di avere portato a compimento la missione».
A quel tempo, la situazione sanitaria in Germania era a dir poco catastrofica. Scrittori, scolari, impiegati, amministratori delegati presentavano tutti, indipendentemente dal censo e dalla data di iscrizione al partito, serissimi problemi stomatologici e ortodontici, dovuti all’uso di temperare le matite con i denti o con ciò che ne restava dopo l’apprendistato nei campi giovanili di istruzione.
Ma i problemi del «sopra» erano niente in confronto a quelli del «sotto»: ignari delle potenzialità della carta igienica, i commiserabili popoli germanici erano pandemicamente preda di bruciori, gonfiori, turgori, pustole, emorroidi, ragadi, fistole, sindromi setticemiche, sicché sin dal primo mattino facevano risuonare foreste e paludi della loro bella terra con quei rauchi latrati di cani rabbiosi che si sono poi cristallizzati nella loro dolce salivosa lingua.
Colpito dai tragici effetti di tanta miseria tecnologica, Ulisse si mise subito in contatto con il capo di tutti i tedeschi, che in realtà a quei tempi era una gentile pulzella di nome Drachenkopf, nata in una palude all’estuario dell’Elba, per proporre i due articoli di cui era generoso e partecipe latore.
Sfortunatamente, Ulisse non parlava altotedesco e Drachenkopf non parlava greco omerico.
Con grande sforzo si trovò un traduttore, che era un vecchio contabile che in gioventù aveva seguito un corso di ragioneria per corrispondenza che l’università di Cnosso offriva allora ai popoli periferici più disagiati: costui, purtroppo, oltre a non essere molto intelligente, era stato ridotto in sedia a rotelle dalle bastonature della moglie (nel senso che si era fatto male da solo cercando di bastonare la moglie che lo cornificava a tutto spiano quando egli andava a caccia), con un conseguente aggravamento dell’anamnesi rettale che tutti possono immaginare.
Fatto sta che, con la sua nota facilità di parola, Ulisse illustrò le qualità dei due prodotti, di cui, prima di ripartirsene, consegnò ricchi campionari, il traduttore, quasi esanime per le fitte allo sfintere e le calcificazioni in fronte, tradusse in modo un po’ farraginoso, tra gemiti e sputacchi, e la capa capì tutto, ma non precisamente.
Ad ogni buon conto, Drachenkopf era stata messa lì per decretare e quindi decretò che da quel giorno in poi tutti i tedeschi – uomini, donne o carnefici – sarebbero stati obbligati a servirsi obbligatoriamente della carta igienica per fare la punta alle matite e della carta vetrata per quell’altra operazione.
La storia ci insegna che in Germania quando il capo dice di fare una cosa la si fa senza discutere e senza badare alle conseguenze. Guai a sollevare lo sguardo e allontanare le mani dalle cuciture laterali dei calzoni!
E così, non è difficile immaginare il nervosismo e l’ansia accumulati dai tedeschi, dopo che per oltre 3000 anni hanno fatto la punta alle matite con il «doppio velo profumato» donato da Ulisse e provvisto all’igiene anale con carta vetrata a grane fine, media o grossa. Altro che, come fa lo storico americano Shirer, cercare le radici del nazismo nella guerra dei trent’anni! È a ben prima che bisogna risalire!
Il peggio è però avvenuto nel 1941, quando il feldmaresciallo List invase la Grecia per ordine del capo, stabilì il proprio quartier generale ad Atene e tentò inutilmente di convincere la popolazione locale ad adottare la prassi germanica nell’uso delle suddette carte. Fu un collaborazionista di origini turche, poi fucilato nella schiena nel 1945, che suggerì a List di avvisare l’OKW (Oberkommando der Wehrmacht), che, così come oggi, risiedeva tra le macerie del muro di Berlino.
Dopo di che, tuoni saette e schiumosi scilinguagnoli: il caporale austriaco che aveva temporaneamente sostituito Drachenkopf incolpò Ulisse e tutti i greci di avere volutamente tradito gli accordi e ordinò la più feroce repressione degli abusi.
Inutile fu tuttavia ogni vessazione: nonostante gli sforzi congiunti di Gestapo, SS, SD e nuovo pd, i greci continuarono a usare i due prodotti come prima, anche se per farlo dovettero sempre più nascondersi alla vista.
Ecco quindi spiegato il motivo per cui ancora oggi i tedeschi, immemori dei salutari bombardamenti anglo-americani e della ripassata avuta dall’Armata Rossa, non si fidano dei greci e vorrebbero costringerli a fare ciò che i capi hanno decretato 3000 anni fa e tramandato senza ripensamenti sino a oggi. (14 luglio 2015, Anniversario della presa della Bastiglia).